Diventa un lavoro teatrale il capolavoro di John Fante “Chiedi alla polvere”. La realizzazione è stata curata dall’attrice Monica Ciarcelluti, che ne cura anche la regia. L’anteprima nazionale in programma sabato 24 agosto, alle 22,45 a Torricella Peligna nell’ambito del festival “Il dio di mio padre”. Per la prima volta in Italia viene realizzato uno spettacolo di teatro contemporaneo ispirato all’opera dello scrittore americano con il titolo “Chiedi alla polvere… quel che resta di loro”.
L’attrice e regista abruzzese Monica Ciarcelluti firma la regia di una produzione a livello internazionale voluta dalla compagnia italiana Arterie Centro Interculturale Ricerche Teatrali e realizzata in collaborazione con la compagnia Svizzera Progetto Brockenhaus. Fante è oggi considerato uno degli scrittori americani più importanti del Novecento. I suoi romanzi esprimono ironia e densità emozionale. “Chiedi alla polvere” rimane forse il suo capolavoro, pubblicato nel 1939.
Racconta le indimenticabili vicende tragicomiche di Arturo Bandini, l’alter ego dello scrittore italo-americano. Come il libro, pur con ironia e semplicità, lo spettacolo è un’occasione per riflettere. Una riflessione che arriva a distanza di un secolo, su quell’imponente fenomeno di migrazione di massa verso il Nuovo Mondo che caratterizzò anche l’Abruzzo, insieme a molte altre zone d’Italia. Si calcola che tra il 1900 e il 1914 partirono dalla regione circa 490.000 persone. Tra questi anche il padre di John Fante, Nicola.
A Torricella Peligna verranno mostrati 45 minuti del lavoro che l’attrice e regista pescarese Monica Ciarcelluti ha avviato lo scorso anno in forma di studio, coadiuvata dalla danzatrice e coreografa Elisabetta Di Terlizzi che ne cura il movimento in scena. Sul palco un affiatato ensemble di cinque attori, un casting: Mariangela Celi, Piera Gianotti, Marco Massarotti, Irida Mero e Francesco Rossetti. “Il testo di Fante”, spiega la regista Monica Ciarcelluti, “apre un immaginario sospeso tra incanto e disincanto, dove i protagonisti abitano vite ai margini di un’umanità assente e distratta. La labile fragilità della vita è paradossalmente l’unica condizione per poter esistere. Una dimensione onirica dove tutto è teatro e immaginazione.”