Per essere Ferragosto la gente in giro non era quella delle scampagnate dei tempi d’oro, complice, forse, il tempo incerto che ha dominato sul dilemma fatidico: Ferragosto che fare? Dunque: cielo velato per il mare, fresco invitante per la montagna. Direzione monti, a mattina inoltrata.
Risploveriamo una meta di tempi andati, Fara Filiorum Petri, nel cordone pedemontano della Maiella, vicina, accessibile con i bambini, capace di regalare interessanti fughe, se la destinazione ferragostana principale dovesse diventare problematica. Il nostro obiettivo è il laghetto all’ingresso del paese, perché i bambini volevano provare l’ebbrezza della pesca e, sul pelo dell’acqua cheta dei due bacini, dove domina il silenzio e l’attesa, era l’unica ebbrezza che correva al nostro arrivo.
Prima un sopralluogo, è quasi l’una, tanto per dare uno sfoghetto al loro entusiasmo da neofiti pescatori. Arrivati ci informiamo su come funziona: hai la canna? Paghi solo l’ingresso. Non hai la canna? La affitti ed entri. E tutto il pescato è tuo. Ci si trovano trote e trote salmonate e, lo scopriremo solo dopo, piccoli pescetti che ti ingannano mentre pensi di aver pescato altro, sigh!
Beh, è ora di pranzo. Il un colle dal nome buffo, Pagnotto, oltre a un pane buonissimo offre la possibilità di mangiare un galletto arrosto speciale, ci dicono, direzione una trattoria che è piena di gente, ma che snocciola agnello e galletti dal profumo inebriante come pezzi forti del pranzo ferragostano. E che è speciale, è vero.
Col ricordo del galletto torniamo al lago. Singolare il cartello che ci accoglie all’ingresso: Lago a ore. Una volta dentro capisci il perché. Pescare non è facile. La fortuna che premia gli audaci, non bacia i pescatori alle prime … canne. Perché la sorpresa arriva dopo aver pescato alghe, dopo essersi fatti sbeffeggiare da quei pescetti di cui sopra che si sono mangiati tutte le esche senza abboccare (vermi vivi che i bambini non volevano sacrificare per portarseli a casa!), dopo aver regalato cibo gratis alle sazie trote del lago, ce n’erano alcune lunghe quasi un metro, segno che erano lì da anni e che di farsi pescare non avevano proprio voglia nemmeno a questo Ferragosto. Ma facevano scena, con le dovute proporzioni un po’ come il mostro di Loch Ness nel lago scozzese…
Finalmente, dopo un paio di falsi allarmi, il più esperto della compagnia riesce allo scopo e pesca una bella trota salmonata! Comprimiamo le urla di gioia della comitiva, per non disturbare altri più navigati di noi, che dalla mattina avevano un bel bottino da mettere in forno o sulle braci serali (sigh), ma una basta per accendere gli animi. Resterà l’unica, quando l’entusiasmo dei più piccini per la pesca si esaurisce e cerca fughe in gelati, patatine e nuove esplorazioni festaiole.
Guardiagrele è lì a un passo, appena 10 km e, oltre ai Tre Monti, il dolce fra i più buoni e tipici d’Abruzzo made nelle botteghe profumate di Emo Lullo e Palmerio, c’è la Mostra dell’Artigianato da vedere, dunque, con la trota nel bagagliaio tagliamo la Val di Foro e arriviamo a destinazione.
Da Lullo le paste, i Tre Monti, anzi no, Li sis di li monic ci sono ma non si vedono, è così da sempre. Ce n’è una in vetrina, ci sono foto del dolce a tre punte, e si sente l’odore di quel pan di spagna unico, della crema saporita dentro e persino dello zucchero a velo che ti lascia naso, muso e vestiti impolverati dal ricordo del primo morso. Le prenotiamo, saranno pronte in 3 quarti d’ora, i turisti hanno monopolizzato ben due sfornate precedenti e all’altra bottega c’è fila, quindi mostra dell’artigianato, poco più giù, sempre su via Roma e poi visita al Duomo, poco più su della bottega dei desideri, sempre su via Roma.
Quanti ferragosto si sono chiusi con quel morso morbido e disagevole… Tanto più disagevole, quanto minore è l’altezza dell’autore del morso. I bambini sprofondano la faccia dentro Li sis di li Monic, i simpatici
si lanciano in pindariche assonanze del nome, (chi scrive ne sa qualcosa, una tragedia, per tutta l’infanzia e fino a oggi!) e lo zucchero a velo stampato sui loro visini ripete la magia di una tradizione che continua da tanto tempo, che sa di dolce e di Abruzzo e che ci lega tutti.